Gli incontri di approfondimento – parte 2

La presenza di Gesù nei fratelli
don Mario Zacchini, parroco a S. Antonio di Savena,
missionario per 10 anni a Usokami, Tanzania 17 maggio 2001

Eucaristia e carità
”questo è il mio corpo” (Lc 22, 19)
Con questa affermazione straordinaria e sconvolgente Gesù ci dona la chiave interpretativa di ogni nostro rapportarci con i fratelli. Egli ci fa partire dalla sua presenza eucaristica, come lui si è dato a noi, tanto da poterlo incontrare.

La presenza del Signore Gesù, della quale ci è data certezza nell’Eucaristia, non si esaurisce qui, come lui stesso ci insegna, ma si estende nella vita dell’Umanità e la si trova con sottolineature particolarmente forti nel ”povero”, cioè in coloro sui quali fa scendere le sue beatitudini.
Come Lui dice: ”Beati i poveri; beati voi che avete fame” (Lc 6, 20).
E’ così che Gesù lo troviamo tra noi: ”Ho avuto fame – dice – e mi avete dato da mangiare; ero forestiero e mi avete ospitato, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 35-36).
Con questi Gesù si identifica.

Noi, cristiani da Messa, misuriamo la nostra fedeltà a Cristo anche attraverso come e quanto lo riconosciamo negli altri con il suo preciso identificarsi nel ”povero”, cioè negli ultimi come ci hanno insegnato i nostri vescovi già alcuni anni fa: con la scelta preferenziale degli ultimi.

Nella categoria degli ultimi vi entrano, come ben sappiamo, in tanti, forse tutti quanti, e particolarmente coloro che la vita personale e sociale non ha favoriti.
Sarebbe cosa buona e di aiuto ad ognuno di noi, non già solamente per verificare quello che ciascuno fa verso gli ”altri”, che ci si soffermi per interrogarsi e valutare la propria vita su queste parole del Maestro: ”Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?” (Mt 25, 37) Certamente è anche da questo atteggiamento e stile di vita (saperlo riconoscere nei segni che Egli ci dà) che il Vangelo viene ”predicato”, cioè fatto conoscere in modo comprensibile oggi.

C’è chi dice che anche aggiungere un piatto in più sulla propria tavola, con continuità, tutti i giorni, per alcuni mesi, diventa richiamo e aiuto per riconoscerlo più prontamente nei fratelli. E se questo gesto concreto sarà espressione di vero amore, il Signore ci darà la Grazia di aggiungersi davvero ai nostri commensali sotto le spoglie del più povero.

Gesù presente nella Chiesa
Don Santino Corsi, parroco a Boschi di Varicella e direttore dell’Istituto Veritatis Splendor
7 giugno 2001
La presenza di Cristo è una presenza molteplice ma non disordinata. Come ci ricorda San Paolo, Cristo è Capo della Chiesa: la Chiesa è il Suo Corpo; la presenza di Cristo nella Chiesa è una presenza molteplice, come la linfa nel corpo, ma è ordinata, cioè circo-la in una circolazione che parte da un centro e a quello ritorna. Io questa sera metto le pre-messe per la riflessione della presenza del Cristo nell’Eucaristia, perché l’Eucaristia è una celebrazione ed è, come dice il Concilio Vaticano II, sia la fonte che il culmine della pre-senza di Cristo: è il punto di partenza e il punto di arrivo. Come fa ad essere allo stesso tempo punto di partenza e punto di arrivo? Accade per Cristo nella Chiesa la stessa cosa che avviene nel corpo umano: il cuore è punto di partenza e punto di arrivo della circola-zione è il cuore; si chiama circolazione esattamente perché è un movimento che continua.
La Didachè dice: ”se abbiamo condiviso il Pane celeste, come non condivideremo il pane terreno?” Il termine ”condivisione” è un termine tipico del corpo: nel corpo tutto in qualche modo è comune; non uguale per tutti, ma bisogna dire che tutti però condividono la stessa sorte del corpo, a tal punto che se uno dice ”ho male a un piede” può dire anche ”sto male”. Nel corpo c’è unità. La Chiesa è la presenza di Cristo nel mondo: là dove c’è la Chiesa c’è Cristo, perché là dove c’è il corpo c’è anche il capo.
Cosa vuol dire la parola Chiesa? La parola Chiesa viene dal greco ”Ecclesìa” e vuol dire ”chiamati da”, è una ”convocazione”. Noi infatti siamo chiamati: il Battesimo ci dà un nome perché Egli ci chiama. In Cristo abbiamo ricevuto il sigillo dello Spirito Santo, cioè sono state formate in noi quelle facoltà che ci danno la possibilità di udire la voce del Signore.
Lui ti chiama per darti delle cose belle, per darti il suo Spirito; e quando ti chiama tu dici: ”Eccomi”, perché ti fidi di chi ti ha chiamato. Che cos’è la Fede? E’ la risposta alla chiamata. La mamma dice: ”Adesso è pronto, venite a mangiare”; e se uno arriva vuol dire che si fida che è pronto il pranzo: è la vocazione. La chiamata che il Padre ci fa per mezzo del suo Figlio è questo: ci chiama a essere raccolti insieme nella sua casa perché Lui ci dona il suo Spirito.
Gesù dice: ”Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro”. Là dove c’è una convocazione nel nome del Signore e le persone sono raccolte nel suo Nome, lì in mezzo c’è Lui. Anche il discorso della famiglia è di questo genere: il Signore è presente nell’unità familiare (”..dove sono due o tre…”). E in questo modo la famiglia diventa ”piccola Chiesa”, perché è luogo dove è presente il Cristo che convoca nell’unità, chiama e insegna; rispondere alla sua chiamata, essere presente e accogliere il suo insegnamento è la condizione per riconoscerlo presente come Maestro prima ancora che come Signore e come Sacerdote. Noi veniamo da fonti diverse, da storie diverse, da culture diverse, ma siamo tutti convocati da Lui; e se diciamo ”Eccomi”, comincia questo rapporto. La vita cristiana non è altro che la vita di coloro che sono chiamabili. E se volessi dare una caratteristica del battezzato dovrei dare quella caratteristica che si dice per i medici quando devono essere ”reperibili”, cioè chiamabili. Non c’è possibilità della Chiesa di essere Chiesa, cioè radunata nell’unità, se non a partire dalla Sua chiamata. Se Lui ti chiama e tu vieni, è chiaro che Lui è presente: Lui è la fonte dell’unità, Lui convoca, poi eventualmente ti rimanda, come succede con il cuore cui arriva il sangue, poi lo rimanda, poi lo richiama, poi lo rimanda ancora.
Siccome la presenza di Cristo non è una presenza immediata e visibile, Cristo ha voluto stabilire una presenza perché questa convocazione potesse avvenire. C’è una presenza specifica e qualificata che è la presenza di Cristo negli Apostoli. Al termine del Vangelo di Matteo Gesù dà un compito agli Undici – non c’è più Giuda e non è ancora ricostituito il numero dei Dodici con la scelta di Mattia – e dice: ”Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e insegnando loro ad osservare tutto ciò io che vi ho comandato”. E poi dice aggiunge, e sono le ultime parole nel Vangelo di Matteo: ”Ecco, Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”.
Certamente Gesù è presente nella sua Chiesa nel momento in cui è raccolta nell’unità, ma anche quando la Chiesa non è radunata insieme, Egli conserva una misteriosa presen-za che consente di radunarla. Una misteriosa presenza cui fa accenno il capitolo 17 del Vangelo di Giovanni che riporta la preghiera di Gesù, quella che si chiama normalmente ”preghiera sacerdotale”. Gesù pregando il Padre dice: ”Come Tu sei in Me e Io in Te …”; e ancora:”non sono io che opero ma è il Padre che opera in me”. A Filippo che dice ”Mo-straci il Padre e ci basta”, Gesù risponde: ”Filippo, da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto? Chi vede Me vede il Padre”. Questa fa capire che c’è una presenza dentro, non accanto, una ”inabitazione”. Continua Gesù: ”Non prego solo per questi ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in Me, perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre sei in Me e Io in Te, così anch’essi in Noi siano una cosa sola, perché il mondo creda che Tu mi hai mandato; e la gloria che Tu mi hai data Io l’ho data a loro per-ché siano come Noi una cosa sola, Io in loro e Tu in Me, perché siano perfetti nell’unità.”
C’è una presenza dentro; questo è il punto fondamentale. Quando un sacerdote celebra, non dice ”Cristo ha detto così” ma dice ”Prendete e mangiate, questo è il Mio Corpo; prendete e bevete, questo è il Mio Sangue”, cioè parla in persona Christi.
La presenza di Cristo nella Chiesa è una presenza che si dilata in molti modi, ma colui che agisce nella Chiesa non è il ministro ma è Cristo presente nel ministro. C’è una presenza di Cristo perché Cristo, volendo raccogliere tutti nell’unità, prima ha stabilito il principio unificante. Come potrebbe avvenire che uomini dispersi fossero raccolti in unità, se Cristo non avesse garantito una presenza stabile, una presenza non soggetta in qualche modo a oscillazioni, e a variazioni, non condizionabile da parte nostra? La presenza di Cristo nella Chiesa è una presenza che entra in tutte le membra del corpo. Noi troviamo delle espressioni di questo tipo: ”Quello che avete fatto al più piccolo di questi miei fratelli l’avete fatto a me”, cioè l’ultimo membro di questo corpo è in realtà un membro in cui è presente Cristo; e quando San Paolo cammina nella via di Damasco e va perseguitando i cristiani, gli appare Gesù che gli dice: ”Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Però questa presenza di Cristo che diventa sempre più piena nel momento della convocazione nell’unità, è possibile perché c’è una presenza garantita per mezzo degli Apostoli, e in coloro che in qualche modo proseguono il ministero apostolico.
Vi faccio notare la ricostituzione del numero dei Dodici nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli, dopo che Giuda se n’è andato: ne scelgono due e poi sorteggiano e viene eletto Mattia. Quando hanno ricostituito il numero di Dodici e cioè la pienezza del Collegio Apostolico, allora viene lo Spirito Santo. Non scende prima. Allora potremo dire che la presenza di Cristo nella Chiesa è nell’assemblea dei credenti raccolti nell’unità. Tale rinnovata Pentecoste accade perché c’è un’azione liturgica che il Cristo compie a partire da una presenza che Egli ha voluto garantire, e che permane nella sua Chiesa e in tutti i suoi membri. La Liturgia è sempre azione di Cristo a partire da una presenza stabile, fissa, definita, garantita. Nella Lettera agli Ebrei si parla di Gesù che è Sommo Sacerdote misericordioso e fedele. Il Cristo esercita il suo Sacerdozio presso il Padre essendo presente anche in coloro che Lui ha scelto, dunque è presente nel Ministro e presso il Padre. E’ Cristo che agisce come un avvocato presso il Padre e che copre i nostri peccati con il prezzo che ha già pagato: il suo sangue, la sua Passione. Lui dice: ”Metti sul mio conto, io ho pagato, ecco il prezzo di questo danno”. Chi rompe paga e i cocci sono i suoi: bene, noi siamo i cocci di Dio, e Lui ha già pagato per noi.
Presso di noi Cristo è presente in questa inabitazione nell’Apostolo. Infatti Gesù dirà agli Apostoli: non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Quindi nella Liturgia è Cristo che insegna: vuol dire che Cristo parla e quindi indica agli altri qual è il modo per poter andare verso di Lui. Il ministro è l’amministratore dello Spirito Santo che è lo Spirito del Cristo, ma in realtà è il Cristo stesso l’amministratore, perché il Cristo è presente nell’Apostolo e porta a quella che è la caratteristica tipica dei cristiani che è la condivisione. La condivisione vuol dire che noi impariamo a vivere l’uno in rapporto con l’altro esattamente come Cristo con me. E come Lui ha pagato per me davanti al mio peccato, io non imputo all’altro il peccato ma dico ”bene, pago io”.
C’è una bellissima lettera di San Paolo, brevissima, la Lettera a Filemone, una lettera che Paolo scrive a Filemone che era un signorotto che aveva uno schiavo di nome Onesimo. C’erano state delle questioni, e Onesimo era scappato; e aveva poi incontrato Paolo, si era convertito, era diventato cristiano. A un certo punto Paolo lo rimanda a Filemone e gli dice di riaccoglierlo con delle espressioni molto belle, e poi scrive: ”Pur avendo in Cristo piena libertà di comandarti ciò che devi fare, preferisco pregarti in nome della carità, così quale io sono, Paolo, vecchio e ora anche prigioniero per Cristo Gesù. Ti prego dunque per il mio figlio che ho generato in catene, Onesimo (…). Te l’ho mandato, lui, il mio cuore. (…) Forse per questo è stato separato da te per un momento, perché tu lo riaves-si per sempre, non più però come schiavo ma molto più che schiavo, come un fratello carissi-mo, in primo luogo a me ma quanto più a te, sia come uomo, sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri come amico, accoglilo come me stesso, e se in qualche cosa ti ha offe-so o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. Lo scrivo di mio pugno: io, Paolo, pagherò io stesso”
Questa è la vita cristiana; questa è la condivisione, e per fare questo bisogna che Cristo sia presente dentro di noi. E’ il Cristo in noi che fa sì che tutto venga condiviso, paradossalmente anche il peccato. ”Guarda, Signore, metti sul mio conto il peccato di questo fratello.” Solo a questo punto noi siamo raccolti nell’unità a tutti i livelli, familiare, comunitario, e può in qualche modo circolare questo Spirito del Cristo, che è Spirito di comunione e di condivisione. Esattamente come accade in un corpo, non siamo semplicemente uno accanto all’altro, ma uno per l’altro, come la mano non è solo accanto al braccio, ma è per tutto il corpo. La convivenza potrà essere una cosa civile, ma non è ancora un atteggiamento cristiano: è la comunione l’atteggiamento cristiano. Perché la convivenza vuol dire essere uno accanto all’altro senza litigare, la comunione vuol dire essere uno per l’altro; tutte le cose che io ho, le mie capacità le vivo per tutti gli altri perché si possa costruire insieme una armonia. La condivisione implica necessariamente la presenza di Cristo nell’intimo del nostro cuore.
Ciascuno di noi ha una parte dello Spirito del Cristo, ma ciascuno mette in gioco il dono che ha ricevuto. Sia il capitolo 4 della Lettera agli Efesini che il capitolo 12 della Lettera ai Corinzi mostrano una presenza del Cristo in ogni cristiano, in ogni battezzato e cresimato.
Chi partecipa all’Eucaristia riceve il dono dello Spirito Santo, e nella misura in cui si lascia guidare dallo Spirito del Cristo, vive per la Chiesa secondo le modalità, le note, le caratteristiche dello Spirito che ha ricevuto. I doni dello Spirito esprimono la presenza del Cristo in tutto il corpo della Chiesa, ma questa presenza del Cristo è una presenza diversificata, non divisa, perché unico è lo Spirito.
Vi cito soltanto l’inizio del cap.4 della Lettera agli Efesini: ”Camminate in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore e cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace: un solo corpo, un solo spirito, con una sola speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo; un solo Dio, padre di tutti, che è al di sopra di tutti e agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi tuttavia è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo”.
Quindi c’è una unità articolata; in tutto il corpo Cristo è presente nella potenza dello Spirito Santo e inonda con la sua presenza quelli che dicono ”Eccomi” e che si lasciano convocare da Lui. Il Cantico dei Cantici continuamente dice questo: ”Alzati, mia bella, amica mia, alzati e vieni, fammi sentire la tua voce”. E’ come dire: Io ti sto chiamando, vieni, vieni perché tu sei chiamata per entrare in dialogo con me. È una presenza in cui il Cristo si dona tutto ad ogni fedele, ma chiede che ogni fedele si apra tutto a Lui. Quindi dice: Ascolta, Israele – è il primo comandamento – Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze. Quando Lui chiama, convoca tutto il nostro mondo interiore: solo se tu ti apri tutto, Lui ti riempie tutto. Ma riempie esattamente ciò che tu gli presenti. Quindi è chiaro che quando Lui ci convoca, quell’”Eccomi”, come ha detto la Madonna, è l’atto fondamentale per il quale noi possiamo essere riempiti e Lui possa ad abitare in noi. Tu gli presenti il recipiente che Lui riempie.
E dopo possiamo dire, come dice San Paolo, che noi portiamo questo tesoro in vasi di creta: la nostra umanità è un vaso di poco valore, ma è riempita dalla pienezza della santità di Dio.
San Giacomo dice: state bene attenti, voi! Perché se entra nell’assemblea uno bello e ricco, e gli dite: ” Vieni qua, vicino a me, noi siamo amici!” mentre invece quando arriva uno povero, sporco: ”Va, tu mettiti là!”, ”Siete giudizi da giudici perversi”. Il vostro giudi-zio è fatto su considerazioni esterne: il valore di quella persona invece è il valore altissimo del Sangue di Cristo. Nella Chiesa l’ultimo ha valore come il primo, perché l’ultimo e il primo sono entrambi salvati dal Sangue di Cristo. In questi termini si pone l’attenzione al prossimo.
L’attenzione all’ultimo non è un discorso di tipo sociologico, perché nella Chiesa ognuno ha un altissimo valore, anche se esternamente è disprezzato dagli altri. Questo problema si è posto nella Chiesa primitiva, quando c’erano uomini liberi e schiavi. Se uno schiavo si convertiva, la tentazione era di trattarlo ancora da schiavo. Provate a considerare questo problema in India: le caste e gli intoccabili. Quando un intoccabile si converte, fa parte a titolo pieno della Chiesa, è un membro del Corpo di Cristo; ma gli altri rischiano di considerarlo all’interno della Chiesa come lo consideravano fuori. Il bramino e l’intoccabile, in quanto sono nel corpo di Cristo, hanno agli occhi di Cristo lo stesso valore. Allora bisogna stare bene attenti a non ”disonorare il povero”, come dice la Lettera di Giacomo: nel corpo di Cristo che è la Chiesa tutto è prezioso, anche quelle membra che noi consideriamo meno onorevoli, Dio le ha ritenute di un altissimo valore, a tal punto da farsi presente in loro. Dobbiamo rendere onore a tutti i membri del corpo di Cristo, che hanno un valore altissimo, anche se sono anziani, malati, vecchi, se sono peccatori, perché Dio stesso ha ritenuto degna quella persona di diventare sua dimora.
Lo spettacolo piuttosto desolante dei cattolici che hanno passato anni – e continuano ancora – a dir male l’uno dell’altro vuol dire non comprendere niente della presenza di Cristo nella sua Chiesa, innanzitutto nei suoi ministri e in ogni membro, anche il più piccolo, anche il più fragile, perché ormai là dove c’è la Chiesa di Cristo lì c’è Cristo, e questa presenza è assolutamente indissolubile.

Eucaristia, sorgente perenne dello Spirito Santo
e sempre rinnovata Pentecoste.
Don Santino Corsi 18 ottobre 2001

Prima di parlare della famiglia bisogna che parliamo dell’Eucaristia, perché la famiglia è una realtà che è fatta di persone ma unificate dall’alto, dallo Spirito Santo. La famiglia intesa come il Signore la intende, è unità costruita dall’alto. Gli apostoli erano, dopo la discesa dello Spirito Santo, un cuore solo ed una anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che aveva, ma ogni cosa era fra loro comune.
Questa descrizione è dopo la venuta dello Spirito Santo prima si dice che erano insieme, ma timorosi, con le porte chiuse per timore dei giudei .
L’unità dei cuori, l’unità dei pensieri tra persone diverse è unità costruita dall’alto. Lo Spirito Santo, promesso da Gesù, porta a compimento l’opera di Gesù e fa di persone diverse una unità non uniforme, cioè non diventano tutte uguali, ma unità fra persone diverse ciascuna delle quali vive l’una per l’altra come in un corpo. Nel corpo, l’occhio non vive per se, ma vive per tutto il corpo; ogni parte del corpo svolge una funzione per tutto il corpo. E c’è una unità nel corpo pur essendoci diversità di funzioni: il fegato fa il fegato, l’occhio fa l’occhio, e ciascun membro svolge la sua funzione, però tutto è nell’unità. E il capo unisce il movimento di tutte le membra.
C’è una serie di impulsi che dal capo procede e arriva a tutte le membra. E questo vale anche per che è la Chiesa: il capo è Cristo, le membra siamo noi e ci muove con l’azione dello Spirito Santo. Senza questo concetto noi non capiamo né che cosa è la Chiesa né che cosa è la famiglia.
L’unità non è costruita da noi, l’unità della Chiesa non la fanno né i fedeli né i preti, neanche i vescovi, la fa Gesù Cristo con l’azione dello Spirito Santo. Anche l’unità della famiglia non la fa lo sposo né la sposa, né i figli, la compie lo Spirito che unifica realtà diverse. Per questo la famiglia cristiana si può chiamare anche piccola chiesa.
Questa sera vi propongo una riflessione sulla Eucaristia, perché è la realtà più sconosciuta che noi abbiamo, infatti è sempre meno frequentata, perché quando le cose non si capiscono prima o poi si abbandonano e dipende dalla mancanza di comprensione.
La celebrazione della Eucaristia è una azione liturgica: è una azione, cioè succede qualche cosa; e liturgia vuol dire servizio pubblico. Ma chi serviamo quando svolgiamo una azione liturgica, chi è davvero l’attore, chi agisce nella liturgia? E’ il Cristo!
Questa consapevolezza parte dalla consapevolezza degli apostoli. La realtà fondante della chiesa sono gli apostoli: Gesù ha detto agli apostoli: ”io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”. C’è una operazione che Gesù fa ormai presso il Padre, c’è una operazione che affida agli apostoli e qualche cosa che affida a tutti i fedeli.
Nella celebrazione eucaristica ci sono tre livelli che si intrecciano in modo particolare nella consacrazione che è l’atto culminante della celebrazione eucaristica. La Messa si divide sostanzialmente in tre momenti: il primo è la celebrazione della parola. guardiamo il tipo di celebrazione domenicale che è completo, perché la domenica c’è sempre la recita del Credo che non è presente nelle celebrazioni feriali. Il Credo è essenziale perché con il Credo noi rinnoviamo la professione della nostra fede: questa cosa è determinante, perché dopo aver ascoltato la parola di Dio noi rinnoviamo la nostra fede nel Padre e Figlio e nello Spirito Santo. Noi rinnoviamo e adeguiamo la nostra fede a quella degli apostoli con il Credo che è la sintesi di quello che gli apostoli hanno predicato. Insisto su questa prima parte della Messa perché Gesù durante l’ultima cena ha detto parlando al Padre: ”per loro io consacro me stesso perché siano anch’essi consacrati nella verità:la tua parola è verità. Ti prego per loro, non prego per il mondo,…non solo per loro, ma anche per coloro che per la loro parola crederanno in me”.
Dunque gli apostoli predicando genereranno altri che crederanno a Cristo; e prega anche per quelli. In quel momento noi entriamo per cosi dire dentro alla preghiera di Gesù. Gesù davanti al Padre è il sommo sacerdote misericordioso e fedele che una volta per tutte è entrato presso il Padre e intercede per i suoi, e anche per quelli che per la loro parola credono in lui. Quando noi ascoltando di nuovo la parola di Dio facciamo la nostra professione di fede, entriamo nel numero di coloro per i quali il Signore prega.
Nell’atto di Consacrazione il Sacerdote che parla in persona Christi dice: prendete e mangiate tutti, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi. Poi dice: prendete e bevetene tutti questo è il calice dell’eterna alleanza versato per voi e per tutti in remissione dei peccati.
La prima azione, la prima efficacia è per gli apostoli perché siano una cosa sola. Ma non solo per loro ma per tutti quelli che per la loro parola crederanno in Lui, cioè fanno la stessa professione di fede.
”Noi tuoi ministri e il tuo popolo santo celebriamo il memoriale della tua passione” Gesù ha dato ai suoi apostoli e a quelli che per l’imposizione delle mani hanno il potere apostolico, di rendere presente Cristo.
Vi rileggo in questo senso il dopo consacrazione del primo canone, il canone romano, perché è molto chiaro che il Cristo si rende presente e offerto al Padre per mano dei ministri perché poi dal cielo scenda su quelli che hanno fede la pienezza dello Spirito Santo. ”In questo sacrificio, o Padre, noi tuoi ministri e il tuo popolo santo celebriamo il memoriale della beata passione” Memoriale vuol dire non solo che facciamo memoria noi, ma lo ricordiamo a Lui. Il patto che il Padre ha fatto con la sua chiesa è un patto fatto nel sangue di Cristo. Cristo è il sigillo: la chiesa cosa fa: presenta al Padre il suo figlio e dice: Tu ci hai dato il tuo figlio, allora mostrati Padre e donaci dall’alto lo Spirito Santo, e tutte le grazie di cui abbiamo bisogno: ma gli ricordiamo il suo figlio e gli diciamo ricordati che tu ti sei impegnato. ”Celebriamo il memoriale della beata passione della risurrezione dai morti e della gloriosa ascensione al cielo di cristo tuo Figlio e nostro signore, e offriamo alla tua maestà divina tra i doni che ci hai dato la vittima pura santa ed immacolata pane santo della vita eterna e calice dell’eterna salvezza; volgi sulla nostra offerta il tuo sguardo sereno e benigno, come hai voluto accettare i doni di Abele il giusto, il sacrificio di Abramo nostro padre nella fede, l’oblazione pura e santa di Melchisedek tuo sommo sacerdote – poi dice – ti supplichiamo, Dio onnipotente, fa che questa offerta per le mani del tuo angelo santo sia portata sull’altare del cielo.
Da questo altare giunga all’altare del cielo: questa è l’azione che avviene: ”ti supplichiamo Dio onnipotente fa che questa offerta per le mani del tuo angelo santo sia portata sull’altare del cielo, davanti alla tua maestà divina, affinché su tutti noi che partecipiamo di questo altare comunicando al santo mistero del corpo e sangue del tuo figlio scenda la pienezza di ogni grazia e benedizione del cielo. Dunque, da questo altare salga fino al cielo, perché dal cielo scenda su tutto coloro che si nutriranno di questo altare del tuo corpo e del tuo sangue la pienezza della benedizione di Dio. E’ la parte che celebra il sacerdote: rendere presente Cristo e offrirlo al Padre e termina con l’atto finale: con Cristo, per Cristo e in Cristo a te Dio padre onnipotente nell’unità dello spirito santo ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. In questa parte centrale chi agisce: i ministri, gli angeli, la liturgia celeste, perché è portata davanti al cielo quindi Cristo intercede presso il Padre perché coloro che si nutrono di questo altare ricevano la pienezza di ogni grazie e benedizione. Ma lo Spirito Santo scende ogni volta che c’è la celebrazione eucaristica su tutti coloro che si nutrono del santo mistero del Corpo e del Sangue del suo figlio. Nell’Eucaristia si ricongiunge cielo e terra perché in virtù del me-moriale, del rinnovarsi della presentazione al Padre dell’offerta del Cristo, dal cielo scen-da la pienezza di ogni grazia e benedizione. Quindi si rinnova il dono della Pentecoste.
E’ l’ultima parte della Messa, la parte della Comunione. Preciso che la Comunione è con il Padre; e dal Padre, per mezzo del Cristo, discende il dono dello Spirito Santo.
Certo che poi ci unifica, ma in realtà la comunione è con il Padre, quella comunione per cui non si tiene per sé i suoi doni ma li trasmette, non tiene per se la sua benedizione ma ce la dona. Donandoci il Cristo, Lui ci dona tutta la pienezza della benedizione, è l’ul-tima parte quella della Comunione, noi ricevendo Cristo riceviamo per mezzo del Cristo i doni di cui noi abbiamo bisogno. Questa, in modo sintetica è la struttura della celebrazio-ne eucaristica. Non basta andare a Messa, perché il Signore dà i doni dello Spirito nella misura della nostra adesione alla predicazione apostolica. Bisogna che teniamo fermi i tre momenti della Messa: la prima parte la liturgia della parola, la parte centrale cioè la con-sacrazione e l’offerta al Padre del suo Figlio e infine la comunione di cui partecipiamo.
Quando noi riceviamo Cristo in che misura Lui ci dona lo Spirito Santo? In che misura ricevere il corpo e il sangue di Cristo ci santifica? In che misura siamo intimamente trasformati dall’azione dello Spirito Santo? Siamo trasformati dall’azione dello Spirito santo nella misura della nostra adesione all’insegnamento di Cristo. Io posso dire che non riesco a fare ciò che lui dice, ma è cosa diversa dal dire che non è vero ciò che Lui dice. Beati i poveri. Beati voi quando vi perseguiteranno e mentendo diranno male di voi a causa mia. Uno dice: io non ci riesco. Se dice Signore fammi grazia perché io ci possa riuscire, oppure posso dire.. macchè non è mica vero. Se dico ciò che tu dici Signore è vero, ma io sono ancora molto distante da te, fammi grazia: la sua grazia scende su di me. Se invece io dico, macchè non è mica vero, la sua grazia non scende su di me. Se io riconosco la verità del suo insegnamento pur nella mia miseria e dico: vedi come sono fragile, però tu Signore puoi darmi la tua grazia fa scendere dal cielo il tuo Spirito. Altro esempio: si legge negli atti degli apostoli che i primi cristiani ricevendo lo Spirito Santo: nessuno diceva sua proprietà quello che aveva ma ogni cosa era in comune. Il problema è che se c’è lo Spirito Santo possiamo dire: non sono capace, sono attaccato alle mie cose, non mi fido, però è vero ciò che tu dici, le cose funzionerebbero se fosse così… Signore non sono capace, dammi la grazia, fa scendere il tuo Spirito e allora se riconosco la verità del suo insegnamento scende su di me l’azione dello Spirito Santo.
Ora vorrei invitarvi a pensare chi dice che non è vero ciò che Dio dice nella sacra Scrittura. C’è uno che dice: non è vero. E’ il serpente ad Eva. Dio: se mangerete di quest’albero morirete. Il serpente dice: non è vero, non morirete affatto, anzi…vi si aprirebbero gli occhi e diventereste come Dio, acquistando la conoscenza del bene e del male. C’è un salmo che dice: apri la tua bocca la voglio riempire. Cosa vuol dire apri la bocca? apri la bocca nella professione di fede, dì con la tua bocca le parole che io ti dico, io metto le mie parole sulle tua bocca, perché tu dicendo quelle parole ti apra per ricevere lo Spirito Santo. Allora avere sulle nostre labbra e nel nostro cuore le parole e l’insegnamento che il Signore dice ci dispone a ricevere il dono dello Spirito Santo.
Se riconosciamo la verità del suo insegnamento nonostante la nostra debolezza posso dire: Signore è vero ma io sono molto fragile, sono molto piccolo, dammi il tuo Spirito, vieni tu in me, trasforma la mia vita trasforma il mio cuore, togli la malizia, dilata la mia anima, riempila di carità, perché io non ne sono capace; però riconosco che veri e giusti sono i tuoi giudizi. Allora in questo modo io attiro l’azione dello Spirito Santo.
E la celebrazione Eucaristica è efficace perché dice questo, per chi ha la stessa professione di fede: vedete come sono intimamente connesse la prima parte dove noi ascoltiamo la Parola di Dio, ci viene spiegato e dopo noi diciamo il Credo, cioè facciamo la nostra professione di fede. La professione di fede degli apostoli diventa anche la nostra . Due cose accadono: è offerto al Padre il sacrificio di Cristo perché scenda in coloro che si nutrono del Corpo e del Sangue di Cristo e della sua parola e del suo insegnamento, (si devono nutrire di entrambi) , il dono dello Spirito Santo. La pienezza della Grazia fa di noi un solo corpo come si dice nella Preghiera Eucaristica Terza: ”guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua chiesa la vittima immolata per la nostra redenzione e a noi che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo figlio dona la pienezza dello Spirito santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito”. Lo Spirito Santo, venendo in noi, ci unifica, noi che eravamo persone che cercavano ognuno il proprio vantaggio, ognuno cercava se stesso chiuso nel proprio egoismo; lo Spirito santo ci unifica e fa di noi un solo corpo e un solo spirito. Se c’è lo Spirito Santo accade, se non c’è lo Spirito Santo non accade. Ora il problema vero delle nostre celebrazioni eucaristiche è che finita l’Eucaristia ognuno viaggia per conto proprio.Questo ci dovrebbe porre un problema serio: ma cosa accade quando celebriamo l’eucaristia:
Volevo dirvi che cosa accade quando c’è la celebrazione eucaristica. La celebrazione eucaristica ha valore anche se in quel momento ci sono pochissime persone. Ha valore perché l’offerta davanti al Padre dell’unico sacrificio del Cristo è per certo il modo di comunicazione dello Spirito Santo, è comunicare il suo corpo e il suo sangue. Attraverso questa comunione con Gesù che è pieno di Spirito santo siamo riempiti del dono dello Spirito santo. Senza questo non è possibile la vita cristiana. Io vi invito a rileggere la lettera apostolica del Papa, novo millennio ineunte. Dice il Papa: ripartire dalla santità, ripartire dal primato della grazia, che vuol dire che prima di tutto bisogna badare alla grazia di Dio, se no non siamo capaci; questo è vero anche per la famiglia: La famiglia se non riparte dalla grazia di Dio non sta in piedi, cioè non è che non stanno insieme marito e moglie, questo è l’ultimo atto di una scompaginamento che prima di tutto è generazionale: i figli non sono più capaci di obbedire ai genitori, i genitori non sono più capaci di tenere i figli: lo scompaginamento famigliare del rapporto tra marito e moglie è l’ultimo come sviluppo e conseguenza del primo. Chi è che tiene i suoi vecchi in casa . Quanti sono i genitori che si occupano dell’educazione dei figli, … li mandano all’asilo nido, voi direte, ma come si fa…si fa come il Signore ci insegna.
Certo è impossibile se il Signore non è con noi. In un modo come il nostro siamo condizionati dalle paure. Il problema è che noi abbiamo mille paure. Noi quando abbiamo paura non riusciamo più a fare le cose; la paura ci toglie le energie. Il vero problema oggi è che abbiamo paura, rinunciando alle battaglie prima ancora di combatterle, le perdiamo prima ancora di combatterle. E allora ci comportiamo come gli apostoli, tutti chiusi, dentro per paura dei Giudei, e la paura domina il nostro cuore. Chi è che vince la paura e che cosa succede dopo la venuta dello Spirito Santo?
Vi leggo un testo perché la paura ce la avevano anche loro, non è una caratteristica nostra. Negli atti degli apostoli, dopo che li avevano perseguitati e li avevano messi in prigione, e poi erano venuti fuori, al cap. quarto al versetto 23: appena gli apostoli furono messi in libertà. andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto i sommi sacerdoti e gli anziani. all’udire ciò tutti insieme levarono la loro voce dicendo: Signore, tu che hai creato il cielo, la terra, il mare, e tutto ciò che è in essi, tu che per mezzo dello Spirito santo dicesti per bocca del nostro padre il tuo servo Davide: perché si agitarono le genti e i popolo tramarono … si sollevarono i re della terra e i principi si radunarono insieme contro il signore e contro il suo Cristo. Davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo, il tuo servo Gesù che hai unto come cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e il popolo di Israele per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse. E ora Signore volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunciare con tutta franchezza la tua parola, stendi la tua mano …. Come dire; vedi, abbiamo tutti contro, ma tu dall’alto guarda e aiutaci ad annunciare con coraggio la tua parola. Noi non siamo capaci di fare altrettanto perché siamo bloccati dalla paura. Non mettiamo in comune le cose che abbiamo, perché abbiamo paura che poi non ne rimanga per noi; ” non preoccupatevi di quello che mangerete, di quello che vestirete, il padre vostro celeste sa che avete bisogno di queste cose.
Ma che cosa è che vince la paura: è lo Spirito santo.Il dono dello Spirito è la consapevolezza che Dio Padre rinnova la sua paternità e quindi provvede a noi.
Allora se Dio provvede per noi, noi gli offriamo il suo figlio e diciamo:” provvedi, dacci ciò di cui abbiamo bisogno”. Questo è importante perché nell’Eucaristia noi abbiamo la possibilità di avere sempre rinnovato il dono dello Spirito santo che ci consente un rinnovato slancio e vigore, una forza rinnovata per camminare secondo l’insegnamento di Cristo. Senza questo saremmo inevitabilmente bloccati dalle paure dell’ambiente nel quale siamo. E li vediamo chiaramente i condizionamenti dell’ambiente: sono fortissimi: guardate una persona, guardate l’ambiente in cui vive e vedete se dopo un po’ non ha tutti i condizionamenti dell’ambiente. Una cosa singolare del mondo borghese: più una persona si imborghesisce più ha paura di non aver soldi: ne ha più di prima, questo è un paradosso. Guardate dove diminuiscono i figli…là dove man mano cresce il tenore di vita. Qualcuno che vuol mettere da parte dei soldi per fare una vita agiata, ha paura che succeda qualcosa che comprometta una vita agiata. Voglio dire che solo il dono dello Spirito santo ci libera dalle paure dalle quale siamo circondati e ci impedisce di vivere la vita cristiana.
Faccio un altro esempio, citato prima, quando dico: il Signore dice che la moglie obbedisca al marito. E già ma se lui sbaglia chi mi garantisce,.. è sempre così …se poi non avviene quello che Lui dice..Soltanto lo Spirito santo ci libera dalle paure che noi abbiamo e ci consente di poter procedere nella via dei comandamenti di Dio. Questo vale per la vita cristiana e questo vale anche per la famiglia.
Sarebbe importante riprendere una catechesi sistematica sulla Messa. Invece, più che capire che cosa succede nella Messa, abbiamo cercato dei cambiamenti esterni, dei canti,… ma che cosa succede, qual è il mistero, che cosa fa Gesù lì … questo è il problema.
Nell’azione eucaristica c’è il cielo, Gesù, gli angeli, i ministri, i fedeli. Questi sono presenti nella celebrazione eucaristica; i santi, la chiesa celeste, tutto è presente nella celebrazione eucaristica: Gesù, la Madonna, gli angeli e i santi, i ministri, i fedeli. Poi si prega per tutti, anche per gli altri, ma questi sono presenti in maniera diretta: nella celebrazione, noi diciamo le parole che Lui ci dice.
Nel libro del profeta Osea si dice:”torniamo a Dio, prepariamo le parole da dire al Signore”.
Quando si parla della preghiera (cap. 7 di Matteo) , Gesù dice: ”quando voi pregate non fate come gli ipocriti che vogliono essere visti; non serve essere visti dagli uomini, ma il Padre vede nel segreto; quando pregate non fate come i pagani quali credono di venire ascoltati a forza di parole”. Spesso quando noi preghiamo non ce ne accorgiamo ma in fondo diamo a Dio dello stupido, perché gli diciamo delle cose che Lui sa benissimo, perfettamente… se i capelli del nostro capo sono contati: Gesù ci ricorda che il Padre sa che ne abbiamo bisogno, lo sa benissimo. Gesù dice quando pregate dite: vuol dire che Lui ci dice le parole da dire… Allora quando lo Spirito Santo prega in noi, noi diciamo le parole che lo Spirito santo ha ispirato. Noi dobbiamo imparare a pregare perché molto spesso la nostra è preghiera pagana. Il Padre nostro che è nei cieli sa benissimo ciò di cui abbiamo bisogno. Lo Spirito santo viene in aiuto alla nostra debolezza, perché il Signore per mezzo dello Spirito ispira le cose da dire. Anche se non le capiamo, sono le sue parole. Noi non capiamo ma Dio capisce perfettamente Il Cristo mette sulla nostra bocca le parole ispirate dallo Spirito santo perché quelle parole che da Dio vengono a Dio ritornano e quelle parole Dio le capisce perfettamente, anche se noi non le capiamo. La nostra preghiera è ascoltata perché passa attraverso il Cristo e la preghiera per eccellenza è l’Eucaristia: è Cristo che prega il Padre, allora noi rivolgiamo al Padre la preghiera attraverso di lui e il Padre sempre esaudisce il suo figlio.
La nostra preghiera deve entrare in quella: a pregare si impara pregando; la preghiera non è istintiva; la supplica, il dire i nostri bisogni, ma la preghiera cristiana no. Perché è tutta collegata all’Eucaristia. Nell’Eucaristia non diciamo delle cose nostre, diciamo le parole sue. Anche per imparare a pregare dobbiamo chiedere lo Spirito santo. Dicono gli apostoli: ”Signore insegnaci a pregare come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”. Abbiamo veramente bisogno di rimetterci dentro a questo mistero che celebriamo perché poi Gesù ci tira su, ci afferra e ci solleva come ha promesso: quando sarò sollevato da terra attirerò tutti a me.
E cambia i nostri stessi desideri: non abbiamo più desideri terreni ma desideri divini. Quando abbiamo la carità è come dice S. Paolo al cap. 13 lettera ai Corinzi: ”la carità è paziente , è benigna, non si adira, tutto crede tutto spera tutto sopporta ecc.”
Provate a mettere a sostituire carità con moglie o marito: è paziente, benigno, non si adira ecc. questo comincia ad essere un piccolo paradiso. Solo a queste condizioni la famiglia diventa piccola chiesa. Il Signore ci regala lo Spirito Santo, alla condizione che impariamo a riconoscere che è vero ciò che Lui ci dice e senza di lui noi non possiamo far nulla.
Bisogna riconosce che è vera la parola del Signore che dice,”senza di me non potete far nulla”. E allora occorre ripartire da Lui perché con Lui tutto diventa possibile di nuovo. Anche che due persone diverse fra loro stiano insieme unite da Gesù Cristo. Come Abramo a cui viene detto, vai dalla tua terra e vai in un paese che io ti indicherò, così anche noi dobbiamo imparare a pensare come Gesù Cristo.
Come gli apostoli con il dono dello Spirito Santo sono stati condotti alla conoscenza del pensiero di Cristo e lo hanno accolto. Se il nostro giudizio, i nostri pensieri, non si conformano al pensiero di Cristo non riceviamo il dono dello Spirito.